Oggigiorno si leggono notizie di cronaca che sanno veramente mettere i brividi,notizie che i giornali adorano consegnarci addobbate da tutti i pizzi e merletti della tragicitá, condite di tutti quei particolari raccapriccianti che ci fanno sentire cosí al sicuro nelle nostre vite tristi ed incolore. Non so al lettore medio, ma a me oltre che i brividi mettono addosso anche tante domande: se fossi genitore ad esempio, come potrei non soffermarmi a tentare di entrare nel cervello di questa madre 27enne che, diagnosticata con un cancro allo stomaco e con un’aspettativa di vita di soli 6 MESI ha deciso di togliersi la vita, portando con sé anche quella del figlio di 6 anni, drogato con un cocktail letale di medicinali e poi lasciato a morire nel suo letto. Io sono senza parole, da qualunque lato guardo la cosa trovo solo domande, spinte da supposizioni che girano intorno a sofferenza, follia, forse eccesso d’amore. Leggo che una conoscente sostiene di aver compreso il gesto della madre: secondo lei voleva talmente bene a suo figlio, sognava una tale vita per lui, che piuttosto di farlo crescere senza genitori, costretto a crescere in chissá quali centri ed a combattere contro la vita da solo, e divorata dal rimorso di relegarlo ad una eventuale ereditarietá della propria malattia, ha preferito portarlo con sé. Pensando a come potesse essere la loro vita 5 anni prima, onestamente non so cosa dire per contraddirla.
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