Non si smette davvero mai di imparare. E’ quello che mi sono detto ieri sera quando, trascinato a forza dalla mia inamovibile maestra di vita Michiyo-Sensei, mi sono ritrovato in questo raduno internazionale in centro Londra, per il quale lei e un amico ormai da mesi si concentrano totalmente per mettere in atto quella che per loro é diventata un’autentica missione di vita: “To bring people together”. Insieme hanno creato questo sito web (che prima o poi mi faró dare e vi riporteró) nel quale pubblicizzano il loro incontro mensile invitando tutti gli immigrati londinesi provenienti da ogni parte del mondo a condividere la propria cultura e interessi con gli altri, in questo anonimissimo bar snobbato da chiunque ad un tiro di sputo dal Tamigi. All’inizio non ero completamente sicuro del perché qualcuno possa sentire il bisogno di partecipare ad un meeting internazionale proprio a Londra, che giá é punto di ritrovo di razze ed etnie per eccellenza dove trovarsi con gente “indigena” é sicuramente piú difficile che trovarsi con cittadini di importazione, ma poi eccomi lí, tra cinesi e giapponesi, brasiliani e portoghesi, spagnoli e messicani, belgi e francesi e chi piú ne ha piú ne metta, tutti lí senza sapere bene il perché, in cerca di quel qualcosa che illumini la via della conoscenza verso un mondo aperto a tutti, e mi sono detto che dopotutto quello che fa Michiyo con il suo amico é veramente grande, proprio per la natura in sé del meeting e della gente che inevitabilmente attrae che a volte la fa avvicinare di piú alla figura di psicologa che a quella di amica o semplice curiosa del mondo.
E’ cosí che preso dalla mia tipica sindrome da disadattato ho iniziato anche io ad investigare, a capire, a domandare, ed ecco che ho cosí scoperto un nuovo mondo diversissimo da quello che conoscevo, ma altrettanto vero: ho scoperto quante persone sole ci sono una cittá grande come Londra, disperatamente alla ricerca di qualcuno o qualcosa che non sanno, quanti seguono studi che dopotutto non vogliono fare, quanti vivono in questa cittá ma sognano ogni giorno di tornare al proprio paese, quanti soltanto cercano un modello da seguire, quanti non riescono a trovare un amico (!) .. moltissime sono quelle persone che non vanno nei pub, nelle discoteche, che non si ubriacano o non vivono mai la notte, che non escono di casa se non per andare al lavoro, anonimi come le scoregge in chiesa.. c’erano pure un paio di persone che decisamente dalle mie parti si definirebbero “non tanto apposto” o se preferite ancora meglio “fuori a vita”, ecco appunto mi domando se la loro “normalitá” é data o indotta. Ad ogni modo se qualche studente di psicologia ha bisogno di materiale di studio in un posto del genere troverebbe certamente pane per i propri denti..Ma passiamo al sodo, che oggi ho bisogno di ridere e questa ve la devo proprio raccontare:
Per quanto mi riguarda il punto di massima curiositá l’ho raggiunto quando mi sono fermato a parlare con questo pseudo-bambino kazako di 14 anni (ma io gliene davo forse 8) che dice di essere scappato da casa sua una fredda mattina del Dicembre 2006 e di essere finito dopo mesi di vagabondare in una loschissima fabbrica fuori Londra dove vive e lavora producendo prodotti non ben indentificati ma di dubbia legalitá!!!!
Ora io avrei voluto chiedere il suo numero di cellulare o fare una foto per condividere con voi e con il mondo la scoperta di questo assolutamente unico personaggio, ma credo di aver perso ogni speranza di instaurare qualsiasi tipo di rapporto nel momento in cui, con l’entusiasmo di una lesbica al concerto delle TATU, ho dichiarato di conoscere il suo paese per via di un magnifico videogioco che per circa 4 mesi della mia vita mi ha completamente impegnato nello sterminio di centinaia di miliziani kazaki sotto colpi di bazooka, mi raccomando senza lesinare simpatiche intromissioni di Sharpshooter, Kalashnikov e a volte pure P45 (non si sa mai che si muoveva ancora qualcosa)…
Effettivamente realizzo ora che chiedere una sua partecipazione al gioco che appoggia il massacro di massa della sua progenie potrebbe essere stato un pelo fuori luogo, chissá suo nonno cosa penserebbe.
Ho subito pensato: O tu Raffaella Carrá della situazione che sei in ascolto, se sei a conoscenza di due genitori Kazaki che disperatamente cercano il figlio Nikolai scomparso nel Dicembre 2006 dal campo di concentramento di famiglia, ti prego informali, che il loro figlioletto .. dopo 13 mesi .. é QUIIII!!
Ed ora potete avviare l’MP3: Tarattattatta Tarattattatta …. !!
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