Lo scorso weekend mi sono ritrovato al pub con qualche amico britannico disadattato e, tra una pinta e l’altra, ho ancora una volta avuto il piacere di constatare quanto sia meraviglioso discutere con certe persone su come gira il mondo: ad esempio osservando intelligentemente come, anche in un quadro europeo economicamente pessimista e fatiscente, gli stati del nord Europa sembrino sempre essere quelli che se la passano meglio (vi é a questo punto chiaro che quando dico “tra una pinta e l’altra” quello che intendo veramente é “tra la pinta numero zero e la pinta numero uno“).
In effetti, recessione o non recessione, le nazioni del nord Europa sono ancora quelle che stracciano tutte le altre quando si parla di benessere, qualità della vita, felicità emotiva dei cittadini (ok, magari io non metterei proprio l’Irlanda al primo posto…).
Non solo: anche da un mero punto di vista governativo, stati come Svezia e Norvegia sono quelli che hanno il maggior numero di donne inserite nel mondo del lavoro, che propongono i migliori sussidi statali, che hanno un più alto reddito pro-capite. Anch’io ho sempre avuto l’idea personale che gli stati del nord Europa fossero quelli “civilmente più evoluti”, pur senza capirne bene il motivo.
Mi ha quindi in qualche modo dato fiducia scoprire che Dave Cameron ha recentemente incontrato in maniera “privata ed informale” (ma lui incontra tutti in maniera informale…) diversi capi di stato nordici, per cercare di carpire qualche consiglio su come rendere più snella la vecchia balena rossa-bianca-e-blu ed evolverla a livello di efficienza governativa e, possibilmente, civile. Quel che Cameron probabilmente avrà pensato nell’incontrare suddetti ministri sarà stato: “Ma come diavolo può uno Stato, in cui l’unica cosa che cresce sono le patate, avere un’economia più stabile della nostra?!” (che é poi la stessa cosa che si domanda l’Italia guardando il Regno Unito…), ma in realtà la spiegazione c’é, eccome, e potreste stupirvi nello scoprire che non é poi così “civile” come sembra…
Tutto, a quanto pare, ruota attorno alla cultura ed ai valori che in questa si danno a certe cose: ho scoperto infatti che in Svezia lo Stato “libera” la famiglia da qualsiasi obbligo verso gli anziani, che quindi possono tranquillamente essere lasciati a morire in casa (qualcuno informato mi aggiorni: in Italia il figlio ha doveri – escludendo quelli etici – verso il genitore anziano?), oppure – per chi é in vena di generosità – a prendere muffa in qualche economico ospizio statale; inoltre fornisce economici asili statali che si prendono cura giornalmente, fino ad otto ore al giorno, dell’80% dei bambini dai due anni d’età; infine, gli svedesi hanno anche un piacente ministro (che non a caso é chiamato in patria “il David Cameron svedese”) che spinge per la libertà lavorativa della donna proponendo frasi celebri quali: “E’ giusto che le donne lavorino, perché non solo così facendo aiutano l’economia, ma guadagnano anche indipendenza perché, dopotutto, non sai mai quanto il tuo matrimonio durerà” (Evviva).
Quanto, di quello riportato qua sopra, ha a che fare con i valori culturalmente significativi per paesi non-nordici? Io credo molto.
Per l’Italia probabilmente la situazione é ancora più sensibile: per lo meno nel Regno Unito se hai diciotto anni e sei maschio probabilmente vivi già fuori casa, mentre se sei femmina probabilmente stai facendo la seconda gravidanza; ma in Italia, a trent’anni, se sei fortunato, ti chiamano “bamboccione” perché non ti puoi permettere di staccarti dai genitori – e la società non spinge certo verso la convivenza tra amici – oppure sei figlio di Lazzaro e sei parcheggiato in un’università senza fine con la mammina che ti fa trovare la cena pronta ogni sera. Tornando ai britannici: anche loro adorano i loro genitori tanto quanto i figli e credo – senza sessismi voluti – che la donna venga percepita (e si senta lei stessa) ancora piuttosto soggetta all’uomo (basti vedere i salti di gioia che fanno quando perdono il cognome da nubile per prendere quello del marito…).
Insomma: sia per la Gran Bretagna che per l’Italia una società incentrata sulla dipendenza dai legami familiari avrà pur valori riconosciuti come “economicamente dubbi“, ma probabilmente, anche come nobili, e certamente in alcuni casi irrinunciabili.
Non parliamo poi del fattore onestà! Questo infatti é stato il mio apporto alla discussione tra disadattati citata ad inizio articolo: soltanto io ho l’impressione che man mano che si scende in Europa la disonestà aumenti? Certo gli svedesi ed i Norvegesi non si lamentano delle loro tasse altissime perché per lo meno hanno la certezza che tutto – o quasi – ritorna in tasca loro; i britannici certo qualche scandalo qua e là ce l’hanno ma i responsabili, una volta scovati, indossano per lo meno il vestito della vergogna e si dimettono immediatamente. Ma gli italiani, poveracci, che cosa devono fare? Loro sono così buoni da amare i parenti come amano gli evasori (che spesso coincidono comunque) e non hanno fiducia verso lo stato come la loro controparte nordica. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un inconciliabile gradino culturale.
E poi, sempre parlando di degrado geografico di onestá, guardate la Libia con il suo Gheddafi: vi pare che in un paese del genere ci potrà mai essere una mentalità “nordica”? Ma neanche se facessimo diventare l’intero paese un enorme consolato svedese! Anzi, geograficamente, Gheddafi fa sembrare Berlusconi proprio l’uomo giusto al posto giusto, esattamente collocato tra la dittatura libica di stampo familiare e la politica cristiano-democratica tedesca: quasi quasi é quello che ti aspetteresti a quella longitudine.
Quindi, riassumendo: se sentite di non aver assorbito la mentalitá del paese nel quale siete nati, e cercate un cinico realismo ed un funzionale egocentrismo civile, il mio consiglio é quello di emigrare a nord; se preferite la coltivazione di valori familiari e morbiditá giuridico-amministrativa, una societá un po’ piú maschilista, il sussidio statale sul bunga-bunga, allora una buona idea potrebbe essere quella di emigrare a sud. Il consiglio é valido anche per primi ministri (di tutte le nazioni), anzi, in particolare a questi: se andate ancora un po’ piú a Sud c’é Mugabe che vi aspetta tutti a braccia aperte. Non fate complimenti.
Bè…mettendo da parte tutti questi discorsi seri, un annetto da quelle parti me lo farei più che volentieri! 🙂
Vabbé, però ormai sollevare critiche (anche se giuste) verso l’Italia è come sparare alla Croce Rossa.
Cerchiamo di non essere troppo duri, e ricordiamoci che:
1) L’unità d’Italia è relativamente recente, rispetto a quella acquisita da altre nazioni – e consideriamo che la frammentazione era a livelli assai più marcati che in Inghilterra pre-unificazione.
2) La democrazia in Italia è anch’essa molto recente.
3) Ha subito 20 anni di Fascismo
4) Altre nazioni non hanno una criminalità organizzata paragonabile alla Mafia & co.
5) Il prezzo altissimo in vite umane pagato nella prima e seconda guerra mondiale (e quest’ultima combattuta su quasi tutto il territorio nazionale).
6) L’Italia non ha avuto modo, al contrario della Gran Bretagna), occasione di arricchirsi a scapito della colonie.
7) La corona italiana, e per riflesso la nazione, non si è arricchita con la requisizione delle ricchezze ecclesiastiche, monasteri in primis, in seguito alle decisioni di un Enrico VIII.
8) La rivoluzione industriale è iniziata in grande ritardo da noi, fenomeno che peraltro richiese – in UK – la sfruttamento spietato di buona parte della popolazione (già pauperizzata dalle Enclosures).
9) Non ha avuto, in tempi recenti, una guerra civile come quella che noi abbiamo subito tra il 43-45 e oltre, con strascichi che arrivano agli anno ’80.
Questo per citare le prime cose che mi vengono in mente.
Con questo non voglio certo dire che non si debba criticare, anzi. Però senza diventare troppo acidi.
Ho vissuto in Norvegia x 4 anni e x motivi lavorativi viaggiavo spesso in svezia e danimarca. Vedendo dall’interno come funziona il meccanismo del sistema paese scandinavo, vi assicuro che c’e’ poco da rimanerne incantati (leggi, assoluta disillusione). E’ il classico esempio del meccanismo del passa parola che nessuno verifica, come nel caso dell’altro paese dove ho vissuto, l’olanda, dove mi sono trasferita pensando di trovare la culla della tolleranza e della democrazia. Tranne scappare a gambe levate dopo due anni, mai trovato tanto razzismo e cattiveria istituzionale, per tacere della societa’ civile.E una burocrazia cosi’ assurda da farmi rimpiangere quella italiana.
Tornando alla scandinavia, vi diro’ che bisogna anzitutto considerare la morfologia e la posizione remota di tali paesi.In Norvegia, attualmente 4 milioni e mezzo di residenti, ancora fino alla II guerra mondiale la gente scappava in america x sfuggire alla fame. la durezza del clima e l’isolamento ha forgiato un tipo di comunita’ dove darsi una mano e consultarsi e’ essenziale. La loro ricchezza recente nn li ha cambiati, da questo punto di vista, ma lo spirito di comunita’ che si sono costruiti e’ artificiale, xche’ funzionale solo all’eventuale momento del bisogno collettivo. Cioe’, mi sottopongo volontariamente a spalare la neve dal ns tratto di strada che serve tutti, ma se so che sei a letto gravemente malato nn mi interessa e nn mi sogno certo di darti una mano, anche se so che hai bambini. Nn c’e’ modo di stabilirci 1 contatto umano, neanche in corso di sbronza al pub al fine settimana. La loro presunzione e’ che appartengono a una specie di gran lunga superiore al resto del genere umano, ospitano il premio nobel, dopo tutto, e sono gran paladini dei diritti umani. Peccato che tutti i profughi e rifugiati politici che ho conosciuto quando studiavo norvegese fossero concordi nell’affermare di nn venire trattati con molto riguardo. Un amico kossovaro, nell’istante stesso in cui la situazione del suo paese e’ stata dichiarata normalizzata (immaginate come) dalle forze nato, era stato espulso con famiglia e figli piccoli e tanti saluti.
Altro aspetto diffuso della mitologia scandinava e’ che tutti parlino inglese fluentemente. Si, una cotica. Puoi vivere in Norvegia e parlare inglese nel tuo ambiente di lavoro solo se lavori in una multinazionale. Manco i norvegesi parlano tutti la stessa lingua, hanno infatti 2 lingue nazionali, nynorsk e bokmal, e 1 miriade di dialetti. Quelli di Oslo disprezzano i “campagnoli” di stavanger, che a loro volta guardano quelli di tromso dall’alto in basso xche’ loro hanno il petrolio e quelli no, e cosi’ discorrendo tutto 1 fiorire di localismi esasperati di cui io nn sospettavo. E’ vero che le tasse sono altissime ma i ricchi, come in ogni altro posto, si sottraggono. I vari padroni di Ikea, della Hydro, e di nn mi ricordo come si chiama quella grande societa’ navale norvegese vivono tutti beatamente in Svizzera, e in mona i poveri concittadini che pagano le tasse.
La mia migliore amica a Oslo era una prete svedese moglie del vice ambasciatore, una donna molto colta e molto franca che ha vissuto a lungo in india. Della civile Svezia diceva che era un paese imbevuto del + profondo classismo. Come in UK, gli svedesi individuano l’upper class dall’accento, e i rampolli delle famiglie bene vanno in esclusive scuole private. Devono essere quelli che noi vediamo sorridere algidi nelle occasioni ufficiali in rappresentanza del loro paese, quelli che sanno l’inglese. E la crisi economica ha picchiato duro pure in svezia, vendute a stranieri pure industrie simbolo come saab e volvo, tanto che si e’ a lungo discusso se nn fosse il caso di abbandonare le reticenze e la kroner, la loro moneta, x entrare nel patto euro.
Diceva gia’ Shakespeare che “c’e’ del marcio in Danimarca”. E’ difficile vederlo nel corso di una visita rapida, con quel freddo che ti assidera pure il cervello. E il buio. Vi assicuro che vivere al buio x tanti mesi l’anno nn e’ senza conseguenze x l’organismo umano. Ti spieghi la “naturale cupezza” dei locali, che nn ridono manco da ubriachi – x lo meno nel loro paese, se li incontro all’estero mi capita di vederli sorridere!
Io il secondo anno a novembre ho cominciato a piangere senza ragione. Dico vere e proprie crisi di pianto, mai singhiozzato tanto in vita mia. Dietro consiglio dei colleghi, che lo sapevano tutti cosa avevo, vado dal medico che mi dice “e’ la mancanza di luce,fai subito qualche lampada e poi vai al caldo appena puoi”. Dopo 1 mese ero x 2 settimane a Cuba, dove mi sono ripresa.
Finisco con un breve cenno sui tanto decantati servizi sociali scandinavi. E’ vero che lo stato assiste gli anziani, x 1 fatto culturale: i figli se li dimenticano nn appena vanno via di casa. Giuro che in tanti matrimoni dove sono andata, raramente c’erano i genitori degli sposi, che avrebbero avuto, a mio modesto avviso, + titoli di me a vivere il lieto evento. La sanita’ e’ peggio dell’NHS in UK. Pochissimi GP e nessuno specialista, x vedere medici competenti in specialita’ mica di nicchia come l’otorino e l’oculista si doveva tornare in italia. Mi dicevano che il ginecologo e’ 1 figura sconosciuta e che anche x curare il diabete andavano in germania. Questo xche’ lo stato assistenzialista ha prodotto 1 apparato elefantiaco che impiega mezzo paese, e xche’ buttare 7 anni a studiare medicina quando puoi impiegarti a 18 e tanti saluti?
Lo stesso vale x la scuola. Un amico foggiano mi diceva con sconcerto che aveva un figlio bravissimo in matematica che alla scuola norvegese era sistematicamente buttato giu’dalla maestra xche’ “disturbava la classe”. In 1 sistema scolastico dove nn c’erano valutazioni, x nn promuovere precoci competizioni a loro dire, in verita’x fomentare il + bieco conformismo. E’ questa la mia visione della Scandinavia: un paese dove tutti sono uguali …si, nella mediocrita’. Dull.
Approdare a Londra, in una citta’ cosi’ densa di gente e di movimento e’ stato fantastico. All’inizio terrorizzante, xche’ nn sapevo come muovermi tra tanta gente ed ero sempre confusa su dove andare e urtavo tutti.
Scusate il mio lungo post, nn sono riuscita a sintetizzare meglio le tante cose che ho visto. Ma vi posso assicurare che, nel caso nordico oggetto della questione, se anche c’e’ qualcosa di buono, a grattare poco poco sotto la superficie si vede che nn tutto cio’ che brilla e’ oro.
In effetti molti aspetti sono decisamente soggettivi…conosco persone che amano l’Uk e persone che sono scappate dopo pochi mesi, così come persone felicissime in Norvegia e altre come te che ne sono scappate…dipende molto da come e dove uno è cresciuto e dalle aspettative che ha.
Per dire, continuo a leggere di italiani che sognano la fuga in Sudamerica, addirittura appartengo a un gruppo di italiani che sognano un futuro in Ecuador, e io che ci sono e ci potrei restare per sempre, non immagino assolutamente una vita qui. Perchè per me sono certo importanti i valori di famiglia che qui sono fortissimi, è certo importante vivere in modo semplice e che le persone attorno a me siano ancora capaci di essere spontanee e allegre come qui, ma non è mica tutto oro quel che luccica, gratta gratta sotto tanta semplicità trovi un sacco di opportunismo, di superficialità, di ipocrisia, e non ti senti sicuro, e c’è un sacco di classismo, e in sudamerica hanno come ideale il modello consumista statunitense ecc ecc eppure conosco italiani qui che mai tornerebbero in italia e le cose dell’italia che mi descrivono io non le ho mai vissute, o ho scelto di evitarle e non è stato cosi difficile, basta circondarsi delle persone giuste…
E senza parlare di paesi del Sudamerica,ho vissuto 1 anno nella splendida Valencia spagnola, eppure non immagino viverci perchè per i miei gusti sono troppo provinciali e troppo regionalisti.
Quello che voglio dire è, l’ideale di una persona e l’impressione e l’esperienza di una persona contano più delle statistiche e dei dati di fatto. Per come sono fatta io, un minimo di organizzazione, di amministrazione pubblica che funziona e di civiltà come nel Nord Europa è indispensabile, a selezionare le persone di cui mi circondo ci penso io.
Ps, sono stata dentro e fuori gli ospedali inglesi (purtroppo) durante i 5 anni di Londra e ho avuto solo esperienze strapositive. Almeno con il Chelsea & westminster hospital!
Grazie mille per il tuo contributo mulherzinha. Come sempre aver vissuto in un paese é completamente diverso dal vederlo dall’esterno, ed il tuo commento é per me come un faro puntato sulla vita dei paesi del nord. Evidenzi cose che se anche andassi a vivere in Norvegia per due mesi riuscirei mai a vedere.
La storia delle mancanza di luce poi é incredibile!
Nascendo e crescendo in un determinato ambiente e circondati da una determinata cultura ne veniamo inevitabilmente imbevuti, e da quel momento in poi diventa impossibile trasferirsi in un’altra societá senza fare paragoni.
Prendendo spunto dal commento di Blossom, credo sia proprio l’aspettativa ed i bisogni personali che formano il nostro giudizio di un paese, e quindi come conseguenza ne fanno il benessere che ne proviamo vivendoci; in questo senso viaggiare é una grande possibilitá e certamente un bene, anche se a volte purtroppo finiamo per passare esperienze negative.
Sotto un altro aspetto molte persone assumono la mentalitá del paese ove nascono prendendolo per “dato”, senza confrontarlo con cosa effettivamente si vorrebbe, e questo é un peccato.
Prima di tutto non é vero che gli Stati del Nord Europa sono quelli con il piú alto tasso di suicidi. Il tasso piú alto di suicidi lo si trova ad Est, non a Nord.
http://en.wikipedia.org/wiki/File:Self-inflicted_injuries_world_map_-_Death_-_WHO2004.svg
Se vogliamo isolare il discorso alla sola Europa, la percentuale piú alta di suicidi ce l’hanno sempre i paesi dell’Est, parte dell’ex unione sovietica, non di certo i nordici.
Poi per caritá, se avessi due ore di luce al giorno e il moccolo al naso 9 mesi l’anno neanche io farei particolarmente i salti di gioia, e concordiamo che tra italiani e finlandesi si suicidano certamente di piú finlandesi, ma non credo questo sia legato al discorso culturale o della societá trattato nel post.
Per quanto riguarda il discorso che gli Stati piú piccoli sono piú facili da gestire, questo é certamente vero; ma é anche vero che se uno é un incapace o un ladro ti farebbe fallire anche il negozio della Barbie. Gli Stati del Nord Europa sono piccoli, ma hanno anche qualcuno che li sa gestire, inoltre la mentalitá é diversa dalla “nostra”. Secondo me é proprio questo terzo punto che é il piú difficile da mettere a fuoco per noi, ed é bello che ognuno abbia le sue idee sulla cosa. Il che mi fa pensare: sarebbe bello fare un viaggio di ricognizione per farsi un’idea di persona (Mhhhh… here’s a good idea.. chi viene?)
“…ma é anche vero che se uno é un incapace o un ladro ti farebbe fallire anche il negozio della Barbie.”
Beh ma quella è la premessa. Dando per inteso che il paese in questione rientri nella fascia “alta” nell’indice di sviluppo umano, ecco che allora numero d’abitanti ed estensione territoria giocano un ruolo effettivamente di primaria importanza nel determinare le differenze.
Tu giustamente parti sempre dalla prospettiva nostrana, facendo sempre in primis il paragone Italia-… e questo mi sembra assolutamente inutile. L’Italia rappresenta un’anomalia, inquadrarla in un contesto globale imparzialmente non ha senso in principio.
Secondo me non è per nulla una questione di numero di abitanti, bensì di cultura e predisposizione del governo a impegnarsi affinchè le cose cambino.
La Germania è altamente popolata, eppure ha sempre avuto un senso civico e del rispetto delle regole molto più elevato dell’Italia, e nonostante non priva di scandali, penso si trovi anni luce dall’Italia in molte cose.
Le cose generalmente funzionano meglio al nord e questo per me è indubbiamente indice di qualità di vita; chi ci ha vissuto lo sa. Il fatto dei suicidi secondo me è maggiormente dovuto al clima (meno ore di luce e sole si ha, peggio si sta) e sicuramente anche al rendersi conto che le persone quanto più hanno, più sono opportuniste e individualiste, e quindi a questa sensazione di solitudine e di ricerca del senso della vita che colpisce molte persone. E rispondendo a Maximo, sono daccordo con i norvegesi: se uno va in un altro paese si deve integrare, se deve continuare a fare lo straniero meglio che resti a casa sua!
Basterebbe che chi è al potere desse l’esempio e attuasse alcuni semplici cambiamenti per cambiare pian piano la cultura delle persone. Basti guardare la questione del codice della strada: fino a 20-30 anni fa, ma anche meno, chi si sarebbe sognato di far passare un pedone sul passo zebrato, chi si sarebbe sognato di andare a 50 dove c’è limite di 50, o di non parcheggiare sul marciapiede…ma negli ultimi anni quando rientro in friuli rimango sempre più sorpresa, pare di essere in austria. Bastava alzare le multe di brutto, attuare più controlli, e far pensare le persone. E’ un processo ancora in corso, ma vuoi mettere la differenza…
Non si cresce perchè si è in pochi, si cresce perchè si sceglie di farlo, e gli italiani è ora che facciano una scelta.
Sulla necessità di imparare la lingua del luogo per una vera integrazione, concordo pienamente. Il ‘pretendono’ situato tra virgolette è la sottile barriera posta tra essere veri norvegesi o stranieri con chiare declinazioni razziste. E’ innegabile, il senso di appartenenza è un patriottismo (lontano ma simile al senso di nazionalismo presente più a sud ed a est) che crea e si avvolge in un civile ma inconfondibile razzismo. Poi possiamo discutere quanto vogliamo :), meglio un paese chiaro nel delineare per chi vuole vivere nelle sue terre quali strade bisogna seguire per l’integrazione ad un’altro stato come il paese dello stellone dove è preferibile mantenere un gruppo di diversi ad ogni costo per potersi approfittare e far ricadere ogni responsabilità nel caso di inneficenze frutto delle incapacità politiche.
Paesi nordici contro i paesi del sud Europa, grande classico. A parte le giuste approfondite considerazioni da impegnare pagine e pagine scritte, possiamo individuare due fattori: 1) Ogni stato ha un basso numero di abitanti (come già detto da altri) 2) Un forte senso di appartenenza (esempio pratico, in norvegia tutti parlano inglese correttamente permettendo di avere stranieri come lavoratori all’interno delle strutture più avanzate ma appena usciti dall’ufficio, se il povero collega straniero non parla norvegese sarà destinato a condurre una vita da eremita perchè i norvergesi ‘pretendono’ che tu parli la loro lingua se vuoi integrarti).
Gli italiani non avendo mai avuto un senso di appartenenza superiore al concetto di gruppo tribale primitivo ma solo un spiccato senso di opportunismo (Francia o Spagna, purchè se magna)non concepisce una struttura sociale dove tutti devono avere il loro ruolo ovvero essere responsabili.
Parlare di “felicità emotiva” senza approfondirne in che termini la si intende è ambiguo: è infatti noto che così come i paesi nordici sono tra i primi paesi negli indici di qualità della vita, lo sono anche nella classifica dei paesi con il più alto tasso di suicidi.
A parte questa nota, al di là di discorsi storici, antropologici, sociali, vorrei farti notare in un’analisi strettamente di matematica e statistica come, partendo proprio dalla classifica (seppure datata e sicuramente un po’ obsoleta) da te elencata dei primi 10 paesi ben 7 hanno meno di 10 milioni di abitanti. E’ infatti di elementare intuizione che, così come in un gruppo di lavoro, meno persone ci sono meglio riesci a gestire il gruppo stesso. Italia, Spagna e Australia sono invece casi a se stanti da considerare uno ad uno..
Io ci provo a emigrare nel Nord Europa, ma finora nessuno mi ha assunto.
Comunque penso che l’Italia si trovi di fronte a una crisi epocale, e che stia cominciando a porsi domande epocali su se stessa.
Un po’ come sta accadendo al mondo arabo: attaccarsi con i denti a valori non più in linea col mondo moderno, magari tirando qualche bomba all’odiato Occidente (non vero nemico, ma proiezione di un disagio tutto interno), oppure andarsela a cercare quella modernità negata, magari mandando a quel paese il tiranno di turno?
Per quanto riguarda l’Italia, il sistema semplicemente non si regge più. Non ricordo chi ha detto che i ladri devono rimanere una percentuale relativamente bassa perché possano esistere. Quando superano il 51%, cominciano a rubarsi tra di loro e il sistema collassa.
In Italia c’è chi questo lo capisce, magari perché ha a cuore le regole, magari perché appartiene alla generazione che vive sulle proprie spalle il parassitarismo di altri, e chi non lo capisce perché non lo vuole capire, o perché non ha bisogno di porsi il problema.
Di certo c’è, ripeto, che il sistema di valori e “regole” che ha retto tanto bene per 60 anni ormai è alla frutta, e non potrà reggersi ancora a lungo, tantomeno se inserito in un contesto europeo con tanto di moneta unica.
Comunque penso che trovare un paese spaccato così nettamente a metà nel modo di intendere il sistema di valori è difficile da trovare eh!
La tua visione del mondo arabo è alquanto…singolare.
Dici? A me sembra così evidente.
Clarke, quella dei ladri che non possono diventare il 51% é stupenda, la conosco anche io! Non so di chi sia l’originale, ma sicuramente l’ha citata Travaglio un paio di volte nel Passaparola del lunedí. E’ un esempio perfetto da citare quando si parla di amministrazione pubblica in Italia 😀
Per quanto riguarda il mondo arabo…la mia di visione é meglio se non la pubblico 😛